Serafina Apicella nacque a Cetara il 3 maggio 1783. Nel 1825 sposò Antonio Galotti, carbonaro che partecipò ai moti del 1820. La loro giovane figlia sposò Pasquale Apicella, anche lui cetarese, che il 27 settembre 1828 fu condannato a 19 anni di ferri per la sua appartenenza alla setta dei "Filadelfi" alla quale era stato introdotto dal suocero che l'aveva diffusa a Cetara. Durante il processo Apicella tentò di difendersi dichiarando di essere sempre stato realista e nemico di Galotti, delle cui manovre contro il governo aveva più volte informato la polizia di Salerno e Napoli. Anzi lo aveva denunciato insieme con la moglie Serafina come mandante del tentato omicidio nel quale era stato ferito con una fucilata.
Nello stesso processo Serafina Apicella fu condannata a venticinque anni di ferri e rinchiusa nel carcere salernitano di Sant'Antonio. La donna fu terribilmente torturata e in seguito alle feroci torture fece alcune rivelazioni che non servirono a farla assolvere. La sentenza affermava che la donna "scaltra e intraprendente ed investita anch'essa dello spirito di novità e di rivoluzione, non fu indifferente spettatrice delle macchinazioni, ma le facilitò".
Nel 1831 Serafina Apicella fu spedita all'isola di Ponza e nel febbraio del 1833, per intercessione della regina Maria Amalia d'Orléans, ottenne l'esilio in Francia. Trascorsi altri 4 anni ottenne la liberazione ma non le fu mai concesso di rientrare in patria. Non si hanno notizie sugli ultimi anni della sua vita in Francia e sulla sua morte.