Costruita in età angioina (XIV secolo) con funzioni di avvistamento e di prima difesa, nel corso dei secoli il bastione è stato più volte rimaneggiato: alla struttura originaria, di forma cilindrica, fu aggiunta la sopraelevazione a doppia altezza in epoca aragonese ed altri due piani a fine '800.
Dopo lo sbarco dei Turchi nel 1534, l'edificio divenne parte di un sistema di fortificazioni articolato in circa 400 torri che copriva buona parte delle coste dell'Italia meridionale. Queste torri, al momento dell'avvistamento di imbarcazioni nemiche, si trasmettevano segnali, con il fuoco di notte e con il fumo di giorno, per avvertire la popolazione dell'imminente pericolo, e si preparavano a difendere la costa. La torre, infatti, era dotata di tre cannoni di bronzo e di tre "petrieri" (piccole catapulte) in grado di mirare verso il basso.
Dopo l'acquisto a fine '800 da parte di privati, la torre è diventata di proprietà comunale negli anni '90 ed in seguito restaurata. Nel 2011 è stata riaperta al pubblico ed attualmente ospita un Museo Civico con le mostre permanenti dell'artista cetarese Manfredi Nicoletti e di numerosi pittori della costiera, i cosiddetti "costaioli", nonchè il "Museo vivo" di un altro grande artista cetarese, Ugo Marano, allestimento che concepì negli anni '70 e che ha potuto riproporre nella torre di Cetara poco prima della sua scomparsa.
Nel 2011 nella torre vicereale ristrutturata e riaperta al pubblico viene inaugurato il Museo Civico che conserva e propone le opere di numerosi artisti dell'immediato passato e contemporanei, di Cetara e dell'intera Costa d'Amalfi. Il Museo è organizzato in sezioni principali che si intersecano tra loro per la vicinanza e i rapporti intercorsi tra gli artisti esposti e per i temi che raccontano il territorio circostante.
MUSEO VIVO
Agli inizi degli anni Settanta, in risposta alla crisi che vive, sul piano ideativo e strutturale, la ceramica vietrese sempre maggiormente rigirata in stanche declinazioni dello "stile Vietri", Ugo Marano dà vita al progetto Museo Vivo. La prospettiva è quella di sollecitare un coinvolgimento interdisciplinare, attraverso una proposta di libera creatività che vede coinvolte figure di operatori culturali diverse tra loro, in un laboratorio di ceramica al quale Marano affida la prospettiva di farsi possibile realtà di un museo della ceramica degli ultimi decenni del XX secolo. Dal 1972 al 1976, Marano invita a lavorare presso la Ceramica Rifa di Matteo Rispoli a Molina di Vietri, artisti quali Giulio Turcato, Renato Guttuso, Amerigo Tot, Antonio Petti, Antonio Franchini, Gelsomino D'Ambrosio, Mario Chiari, Mario Carotenuto, Gianni Ballaro, Tomaso Binga, Melchiode, l’architetto Alberto Cuomo insieme ad intellettuali quali Edoardo Sanguineti, Giulio Carlo Argan, Filiberto Menna, Giordano Falzoni e il musicista Stockhausen impegnato al Teatro San Carlo di Napoli. È proprio ad un’immaginazione utopica che guarda Marano, non come dettato narcisistico, bensì come trama di un confronto collettivo o, meglio, del recupero di quella forza pluralista espressa dal gruppo. L’idea della fabbrica-bottega, laboratorio del pensiero, ma anche del museo come fucina, come spazio per la ricerca e per la sperimentazione, è per Marano l'elemento centrale del programma di lavoro. Ugo Marano nel 2011, poco prima della sua scomparsa, ha proposto nelle sale del Museo Civico i risultati del Museo Vivo degli anni '70.ù
I COSTAIOLI
Nella pagina della pittura napoletana del Secondo Ottocento trova posto la compagine dei pittori maioresi. È una compagine atipica rispetto al cliché del tempo, si tratta di ben quattro generazioni di artisti, unicamente pittori, che, dalla metà del secolo XIX fino agli anni cinquanta del secolo ventesimo, tratteggiano una delle esperienze più singolari. Sono personalità diverse tra loro la cui attività creativa s’intreccia con storie di viaggi e di emigrazione. La loro pittura si rivolge al paesaggio e allo studio della figura posta nella scena quotidiana; il paesaggio assume un valore di soggetto inconsciamente iterato. È la raffigurazione di uno spazio en plein air, invaso da un fluido luminoso, intensamente solare. È una cifra, questa, che connota una condizione culturale, un modo per ancorare il presente al valore di una cultura della visione radicata nella vita, nell’economia quotidiana, nella tradizione. Nelel stanze del Museo civico è presente un buon numero di opere dei maioresi mentre lontani per formazione e per generazioni si pongono le esperienze di Mario Carotenuto (Tramonti 1922) e Bartolo Savo (Atrani 1932) che hanno donato al Museo di Cetara due dipinti, significative testimonianze degli anni di amicizia con Manfredi Nicoletti.
MUSEO CANTINA DELLA PESCA E DELLA COLATURA DI ALICI
Allestito nelle sale della parte inferiore originaria angioina della Torre Vicereale, il primo Museo Cantina dedicato alla Pesca ed alla Colatura di Alici è un’iniziativa realizzata nell’ambito del protocollo d’intesa firmato dal Comune di Cetara, dall’Associazione per la Valorizzazione della colatura di alici di Cetara, dal Flag Approdo di Ulisse e dal Dipartimento di Medicina Veterinaria e Produzioni Animali dell’Università Federico II di Napoli.
Si tratta di uno spazio dove riposeranno ed invecchieranno botti antiche e terzigni dove si ripone il prezioso liquido ambrato ottenuto dalla maturazione delle alici sotto sale. Il museo cantina includerà anche una piccola, ma importantissima, biblioteca che raccoglierà nel tempo libri, documenti storici, giornali, riviste, fotografie dedicate alla colatura, alla pesca e alle radici di Cetara.
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